Il primato italiano del farro marchigiano

Anche se sul farro (Triticum Dicoccum) non esistono dati precisi, in quanto aggregati con quelli del grano tenero, i dati sulla sua commercializzazione e vendita dimostrano che il farro coltivato e prodotto nelle Marche presenta una qualità superiore di tanti altri, anche a livello europeo, ritagliandosi di fatto una posizione di leadership.

Da fonte ISTAT sappiamo che sono circa 4 mila gli ettari dedicati alla sua coltivazione con una resa tra 20 e 30 quintali nel 2021 che hanno dato vita ad una produzione di circa 12 mila tonnellate di farro, anche da agricoltura biologica con percentuali diverse tra le sue province: 40% Ascoli Piceno, 28% Macerata, 23,5% Fermo, 8% tra Pesaro e Ancona.

Nell'arco degli ultimi 30 anni, produttori e cooperative hanno investito sul farro, eletto prodotto agroalimentare tradizionale, facendolo diventare di fatto un eccellenza del Made in Italy. Il farro presenta il suo punto di forza nelle sue qualità nutraceutiche, soddisfando pienamente le esigenze salutistiche del consumatore sempre più consapevole. Da un punto di vista ambientale, con questi investimenti, sono anche riusciti a rivalutare aree di alta collina e montane, secondo logiche di sostenibilità ambientale, di salute ed economia.

La coltivazione del farro inoltre permette di non utilizzare concimi e riesce a debellare le piante infestanti. Fondamentale però è che non si cada in una sorta di interpretazione negativa del "Green Deal" europeo, arrivando ad una patologica monocultura convenzionale, unica deroga ai terreni a riposo. Ma non è certo questo il caso delle Marche, dove il consumatore premia la qualità di questo cereale principe e gli investimenti lungimiranti.

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